STANISLAO FARRI
Stanislao Farri incontra Santiago Calatrava
Non poteva, Stanislao Farri (Bibbiano, 1924), restare indifferente alle linee e ai volumi dei tre ponti e della stazione ferroviaria di Santiago Calatrava, sculture che abitano lo spazio, e che domandano di non restare troppo a lungo splendide isole nel desolato terrain vague che le separa. Farri ha cominciato a scattare alcune immagini quando i ponti erano ancora in fase, seppure avanzata, di costruzione, è ritornato lì quando ormai erano aperti. Allo stesso modo, si è accostato alla Stazione Mediopadana, perlustrata nell’ultimo anno, ed ancora in queste ultime settimane, quando una certa luce permetteva di catturare ed esaltare un dettaglio o una sequenza di linee che a lui interessavano, o quando il cielo era navigato da quelle nuvole che l’hanno tutta la vita affascinato, responsabili di molte sue levate all’alba. Farri, che tra meno di due mesi toccherà la boa dei novant’anni, ha personalmente sviluppato ciascuna di queste immagini, ottenute con la pellicola tradizionale, nella sua camera oscura: “un fotografo di una volta”, dirà qualcuno sedotto e abbagliato dai trucchi del nuovo. E tuttavia pochi come lui sanno restituirci la verità e la bellezza segreta della natura e delle cose dell’uomo, tutto il senso cosmico di un nuovo paesaggio, con i tre ponti che disegnano una tensione di libertà e la stazione ferroviaria che appare come una grande scultura, un’onda ritmica generata dalla velocità e dall’energia diffusa dai treni che l’attraversano, dai camion e dalle automobili transitanti lungo l’autostrada, un movimento musicale che si propaga nell’aria e nello spazio